I
regimi totalitari del passato continuano ad essere sempre oggetto vivo di
studio: da Stalin ad Hitler, ci si continua a chiedere come si possa essere
arrivati a “quel” punto…
Recentemente
è stato pubblicato un libro intitolato “La Biblioteca di Hitler” di
Timothy Ryback, un viaggio nella ricca biblioteca del dittatore per consentire
la ricostruzione della sua trasformazione da imbianchino a tiranno, da operaio
a “guru” delle masse…
Hitler possedeva più di 16mila volumi, di cui alcuni rari e
tutti comunque letti e sottolineati. Amava tra gli altri Robinson Crusoe, Don
Chisciotte e, cosa perlomeno curiosa, La capanna dello Zio Tom. E non sarebbe
un caso isolato. Sembra che Stalin, per superare il suo complesso di
inferiorità nei confronti di Lenin, si fosse procurato una biblioteca con oltre
ventimila volumi…
La riflessione va a chi crede di poter ricondurre ad un
fondamento di ignoranza le origini di periodi storici connotati dalla violenza
e dall’odio. O meglio: di quale ignoranza parliamo? Né di quella del tiranno,
ma neanche di quella esclusiva delle masse. Si tratta di un’ignoranza “tecnica”
delle dinamiche che la psiche delle individui, e quindi delle collettività, è
capace di attivare. Parliamo di dinamiche per lo più inconsce, ma non per
questo meno potenti, capaci di formalizzare quelle che Antonio Meneghetti
definisce “programmazioni universali”. Cosa significa? Che la vittima in un
certo senso “sceglie” sempre il proprio carnefice, quindi anche le masse
scelgono un individuo sul quale “proiettare” i propri bisogni inconsci, venendo
a rappresentare un momento di una programmazione più complessa e articolata. E
questo è solo un esempio di quello che in Ontopsicologia si definisce “effetto
rete”…