lunedì 26 novembre 2012

La lingua madre


La teoria ontopsicologica della personalità mette in luce che l’uomo – che dovrebbe vivere e costruire la propria esistenza in quanto persona, ossia secondo i valori e l’autorità della sua autenticità, del suo intrinseco e specifico progetto di vita – di fatto, storicamente, finisce con l’adattarsi alla lunga serie di deviazioni dal suo nucleo vitale che caratterizza le sue prime fasi di sviluppo. È nel corso di queste prime fasi di sviluppo che, infatti, l’essere umano apprende ad essere un altro da sé, a far prevalere le logiche apprese dall’esterno (come assolute) sulle logiche della vita. Ciò accade in quanto, all’interno del primo rapporto fondamentale individuo-famiglia, la madre – che in quest’ottica deve essere intesa non necessariamente come la madre biologica, ma come l’adulto che si prende cura del bambino e che è il suo primo punto di riferimento affettivo – stabilisce nel soggetto una certa tipologia esclusiva di comportamento. Questa tipologia di comportamento darà la direzione ineliminabile e non variabile per tutta l’esistenza dell’adulto, perché il soggetto nella vita – affari studio, relazioni di amicizia, relazioni professionali, relazioni sentimentali, etc. – anziché muoversi nella sfera delle tante possibilità di comportamento per scegliere quella che, di volta in volta, è conveniente ed efficiente per lui in quel momento, sceglierà solo il tipo di partner, il tipo di affare, il tipo di lavoro e il tipo di amico che è stato definito e stabilizzato nel suo primo rapporto fondamentale individuo-famiglia: “è come se la diade [madre-figlio] imponesse una lingua madre, un’educazione base e solo le persone, cose e situazioni conformi a questa linea base possono essere scelte dal soggetto, le altre non sono viste”. Nella prospettiva ontopsicologica, ciò significa che l’individuo, anziché agire da umano qual è nato, finisce con l’agire come un computer: legge solo i files che sono supportati dal suo sistema operativo e di programmazione e non altri. Ma ciò significa anche che, per risolvere il problema uomo, occorre ritornare alle radici della sua autenticità, al suo essere persona nell’esistenza.
Citazione da Antonio MeneghettiManuale di Ontopsicologia, Ontopsicologia Editrice, Roma 2008, pp. 206 e 207
“Le proposte dei giovani dei Paesi di area-BRIC presentate a Ginevra all'insegna dell'Ontopsicologia rappresentano autentiche sfide nazionali all'integrazione sociale, alla disoccupazione, allo sradicamento della povertà, allo sviluppo sostenibile e a molte altre emergenze incluse negli MDGs (gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio indicati dalle Nazioni Unite). Così hanno commentato i valutatori ECOSOC, il Consiglio Economico e Sociale ONU, chiamati a giudicare i 4 progetti presentati in quella sede dalle quattro delegazioni. ““Oggi questa conferenza dà l’opportunità ai giovani provenienti dal Brasile, dalla Russia, dall’India e dalla Cina di interagire attraverso le rispettive culture, nell'obiettivo consapevole di diventare giovani leader socialmente responsabili”, è stato aggiunto. A latere dell'evento-BRIC, sempre nella stessa sede, anche la proclamazione dei vincitori dell'edizione-2011 del Premio bandito dalla “Fondazione di Ricerca Scientifica ed Umanistica Antonio Meneghetti”.

giovedì 25 ottobre 2012

• Antonio Meneghetti come l’apprendista stregone di Walt Disney


Un "tuttologo del niente", un "nientologo del tutto"... La definizione di paraguru ultimamente va molto di moda fra i giornalisti: nel senso che critici eminenti e grandi firme hanno dato del paraguru a qualche loro giovane collega, del quale evidentemente hanno scarsa considerazione (l'ultimo al quale è stato appioppato è un conduttore di Uno Mattina). In effetti, anche nell'ottica dell'ontopsicologia quello del giornalismo, fatto seriamente, è un mestiere che non si improvvisa. Basta leggere "Critica del giornalismo e ipotesi di rifondazione autentica", nel libro "Sistema e personalità" dato alle stampe già da svariati anni dalla Ontopsicologia Editrice. Si legge nella premessa "La pubblicazione di questo capitolo è derivata dalla carenza di valore riscontrata nell'operare 'la notizia'. Dall'iniziale notizia come servizio di cronaca, si è giunti dovunque a un sistematico assalto a rullo compressore dell'intimo del lettore e stravolgimento della realtà sociale". E' aberrante vedere che per vendere si ricorra a notizie che sicuramente sono in grado di attirare l'attenzione, perchè suscitano la curiosità morbosa del grande pubblico, ma che poi di sostanziale non dicono nulla. Ecco una notiziona: in Italia esiste una potentissima setta, chiamata Ontopsicologia, capitanata da un guru esperto di occulto, Antonio Meneghetti, armato di bacchetta magica e poteri ipnotici...gli adepti sono tutti somiglianti alle Witch e a Dragonball. Contenti? Ma per favore, un minimo di serietà....

Psicotea di Antonio Meneghetti

Molte correnti di pensiero assegnano una funzione terapeutica alla drammaturgia e ciascuna di queste correnti usa in modo diverso l’attività di drammatizzazione all’interno della pratica psicoterapeutica. Poiché tutto ciò che era drammatizzazione e teatro mi ha sempre affascinata, mi sono spesso chiesta perché e fino a che punto la drammaturgia potesse essere di aiuto nella scomparsa di sintomi e nella crescita personale. Qualche tempo fa, in Brasile, ho partecipato, in qualità di spettatrice, ad una psicotea, uno strumento di intervento – messo a punto dalla scienza ontopsicologica – che fa della rappresentazione teatrale un mezzo per migliorare se stessi e la propria vita. Davanti a me vedevo lo svilupparsi di una storia improvvisata (su un canovaccio abbozzato dal regista-conduttore) interpretata da attori altrettanto improvvisati, e mi sono resa conto che la “personalità” di uno degli attori era molto simile alla mia e, in particolare, che quell’attore sulla scena (o nella vita?) cadeva sempre nello stesso errore ripetitivo, quello stesso errore ripetitivo e mai nuovo che caratterizzava costantemente la mia vita, come se dentro di me ci fosse un regista che decideva per me cosa avrei fatto, come avrei agito e dove avrei sbagliato. In quel momento mi sono resa conto che, nella conduzione della mia vita, potevo considerarmi non un protagonista responsabile come avevo sempre creduto, bensì un attore con i fili, un burattino. Poi, successivamente, dopo la rappresentazione scenica, grazie all’analisi razionale condotta dall’esperto-regista e la soluzione da lui data, da quella prima consapevolezza è emersa la possibilità per me di scoprire me stessa e di provare a diventare protagonista della mia vita.

AMMAZZARE IL TEMPO? UN OMICIDIO A EFFETTO BOOMERANG


Tempo di vacanze, tempo di ferie. Come trascorrerlo? Sembra una domanda innocente ma non lo è. “I momenti di vacatio (mancanza di azione) – ricorda Antonio Meneghetti, fondatore dell'Ontopsicologia - erano momenti in cui gli antichi romani erano soliti dedicarsi all'ozio, ossia ad uno spazio riservato esclusivamente a se stessi, nel quale riamministrare le proprie idee, la propria posizione, la propria organizzazione di se stessi e di se stessi in mezzo agli altri, in mezzo alle cose della società, in mezzo alle cose del mondo”.
Ecco allora che il tempo libero, ben lungi dal consentire di fronte all'etica della propria vita un'indiscriminata evasione, impone scelte di qualificato piacere ed effettiva rigenerazione fisica, psichica ed intellettuale. Un criterio importante soprattutto per chi è in prima fila in ruoli di responsabilità sociale o gestione d'impresa. “Tutti gli impresari – scrive al riguardo Meneghetti - non si rovinano quando lavorano, ma quando sono in vacanza, quando hanno del tempo libero. E' durante il tempo libero che si impara la propria corruzione, il proprio abbassamento. La svendita, il disperdere in modo irresponsabile la nostra vita, la nostra anima, avviene sempre durante il tempo libero”.
Tempo di vacanze, tempo di ferie...? Siete colti dalla tentazione di 'ammazzare il tempo' in un modo o nell'altro senza farvi troppe domande...? Attenti: sarebbe un omicidio ad alto effetto boomerang. Perché, “se vi perdete ad ammazzare il tempo, poi sarà il tempo ad ammazzare voi”. Parole di un guru? No, solo parole dettate dal buon senso!

lunedì 15 ottobre 2012

La doppia morale secondo Antonio Meneghetti


La doxa societaria praticamente è la virologia meccanica che impedisce all'uomo di essere produttore creativo di vita.
Doppia morale, in accordo con il pensiero di Antonio Meneghetti, vuol dire che praticamente si insegna la convivenza con la legge sociale, senza però smentire il proprio progetto di natura. Si entra nel sistema, ma si mantiene fuori sempre un piede a garanzia della propria libertà. Quando si spiega questo concetto al giovane è necessario sottolineare come lui sia comunque un inferiore di situazione (attenzione di situazione e non a livello personale. Di situazione vuol dire che in quanto giovane lui è sempre sotto le regole del sistema perché non ha ancora potere e autonomia); che il mondo degli adulti lo ha individuato come risorsa da legare alle loro necessità soprattutto nel mondo del lavoro; che guadagnarsi la libertà nel sociale significa essersela guadagnata prima di tutto in famiglia che comunque va sempre rispettata.
Oggi c'è stata un'accelerazione enorme per quello che è il cambio generazionale. Però questi giovani che hanno un'accelerazione nell'attività si ritrovano con una burocrazia molto lenta. Una burocrazia che devono imparare a gestire. Perché se loro vanno fuori democrazia o fuori legge ecco che il mondo dell'adulto li ha imbrogliati. In questo caso per capire il funzionamento del sociale il giovane deve solo fare, agire. Non ha ancora l'esperienza che può sorreggerlo perché è ancora inesperto. In un secondo tempo potrà basarsi sulla sua competenza e maturità, ma prima è inutile. Deve farla in prima persona per capire le logiche del sistema.

Stress in città? Riducilo con l’ecobiologia - Cucina Viva

Nella loro grande saggezza, gli antichi Romani avevano capito come fosse ristoratrice l’attività campestre, la res rustica, per l’uomo impegnato nella vita pubblica. L’esempio classico è Plinio il Giovane, avvocato e poi procuratore, che ripetutamente nelle Lettere racconta lo svago che gli procurano le sue ville campestri. Qui, egli può dedicarsi alla contemplazione della natura. Oggi, per la maggior parte di noi che vive in grandi città, si può ricorrere a un palliativo, un “orto cittadino” che, nel suo piccolo, porti nella nostra quotidianità un po’ del piacere della res rustica. Può essere una fioriera sul davanzale, una piccola serra ricavata tra due muri confinanti, o un vero e proprio orto per chi ha un piccolo giardino annesso. Nei pochi istanti che ci dedicheremo, ci ricorderà la tranquillità che segue la crescita nel corso della natura, aiutandoci a relativizzare la fretta della vita cittadina. L’orto cittadino è un piccolo momento di ecobiologia, che Antonio Meneghetti nel libro “La Cucina Viva” descrive come “un insieme di più cose ordinate e sincrone [che] insegna a saper vivere con qualità superiore la propria vita, insieme con l’ecosistema naturistico. Insegna quindi a saper connettere il macrocosmo vivente con il nostro microcosmo quotidiano, propone di saper costruire senza distruggere, di usare edilizia, energia organica e una confortevole bioarchitettura secondo logistica di sanità del corpo, e trasparenza viva con la natura.”