Nel
De Republica Platone affronta il tema
politico, delineando chiaramente come il compito di governare dovesse essere
affidato ad una classe di “sapienti”, cioè ai filosofi.
Se
questo spunto vi affascina, a prescindere dalle distorsioni e dalle
“colorazioni” politiche che ne sono state fatte successivamente, guardate l’approccio
alla politica e alla società proposto da Antonio Meneghetti. Il “sapiente”
platoniano diventa l’uomo “autentico” capace di operare i valori umanistici: al
fondo di qualsiasi opinione, l’uomo vero è sempre d’accordo con ciò che è
l’uomo nell’altro. La consulenza di autenticazione, intesa come l’alta
psicoterapia che già nell’antichità era riservata ai saggi e non ai malati,
diventa lo strumento imprescindibile per oggettivare e qualificare a livelli
avanzati la propria dote di natura.
Questa
è la connessione autentica e sostanziale che può essere tracciata tra
Meneghetti e l’ambito politico, nel senso più elevato del termine. Nessuna
ontopolitica, quindi. O meglio, se a qualcuno possa piacere definirla così,
allora ben venga anche un’ontopolitica se questa incarna una visione che
affonda le sue radici nel sapere degli antichi filosofi.
E cosa dire di Marcello Dell’Utri? Silvio
Berlusconi? Alle strumentalizzazioni facili e gratuite di una politica che si
riduce ad essere mero gioco partitico, preferiamo dire: “No, grazie!”.