sabato 13 ottobre 2012

La capacità decisionale e leadership nel giovane

Trattare l’argomento della leadership del giovane e la possibilità di inserirla nel processo decisionale delle istituzioni è un argomento delicato che rischia di cadere in una forma di esibizionismo di intellettualità individualista, come spesso purtroppo accade senza poi trovare quel punto d’incontro utile ad una funzionale dialettica che due elementi come questi sicuramente possono portare. La prima cosa da rilevare è che noi i giovani li sentiamo esprimere il loro punto di vista in discoteca, in televisione, nello spettacolo, insomma dove va l’onda dell’immagine che si brucia presto. E’ interessante sentire il loro protagonismo anche in situazioni come questa e molti dei giovani che sono qui votano, e quindi sono anche loro che determinano il potere di questo pianeta. Consentire loro di provare a dare una presenza critica, una presenza di partecipazione, su qualcosa che interessi l’umano, la società, l’ONU, in qualsiasi campo, da Internet, alla pubblicità, all'economia, è comunque una forma d’intelligenza che va incentivato sempre di più e questo è sicuramente un importante compito di cui l’ONU e l’UNICEF si stanno facendo carico. L’ONU sarà come i migliori la organizzeranno. Questa organizzazione è una possibilità, un’opportunità che tutti riconoscono ed è anche una responsabilità per i giovani intelligenti. Quindi cercate di essere presenti in molti all'interno di questa organizzazione, perché l'ONU è una grande organizzazione, se i migliori l’aiutano, è presente, se invece non ha gli uomini migliori, diventa una inutile cattedrale nel deserto. I giovani invece di soffrire per cose apparentemente importanti che spesso sconvolgono, invece di aspettare di inserirsi negli statuti prestabiliti, è bene che comincino ad evolvere quella intelligenza, quella sapienza che comunque la vita ha dato anche a loro. Una sola regola però: bisogna suonare il proprio protagonismo di valori secondo il pentagramma, secondo i dettami cromatici delle note musicali. Se vogliamo suonare la musica, bisogna studiare la razionalità di base mentale della composizione, dell’armonia etc., e solo dopo di ciò possiamo esprimere la nostra fantasia. Con ciò voglio far capire che il giovane deve comprendere ed evolversi, e non fermasi soltanto a criticare, perché altrimenti rimane ghettizzato nella critica e alla fine distrugge se stesso. Il giovane deve saper entrare nel gioco sociale, nel gioco del comando, usando le tattiche e le strategie razionali del sistema per poi osservare ed evolvere quell’intelligenza che per natura ha. Deve solo imparare le regole razionali, di come si dialoga con gli altri che, infondo, almeno biologicamente sono i nostri padri… in modo che la fiaccola cammini. Il giovane può avere un ruolo importante nel processo decisionale perché ha un tipo di conoscenza con valore strategico. Secondo alcuni studi, l’essere umano è dotato di un nucleo positivo che consente di determinare in qualsiasi impatto ambientale, la scelta più funzionale per quell’individuazione o per le azioni che sta conducendo. Questo, ad esempio, permette al neonato di reagire e di “operare delle scelte” che gli consentono di sopravvivere appena nato, e di condurre i primi mesi di vita pur non vedendo, non avendo il gusto, non pensando etc. L’uomo quindi nasce con questo nucleo positivo che ha uno specifico progetto (che si esplicita in modo diverso da persona a persona) e che se seguito consente di sopravvivere, di crescere e di evolversi. La natura quindi ha fornito l’essere umano di un criterio per capire ciò che è funzionale o meno al proprio progetto, alla propria esistenza. Si tratta di un tipo di conoscenza che nel giovane è ancora presente in larga misura. Purtroppo la successiva educazione, i modelli della società in cui ci si trova ad interagire, sono stati costruiti su un criterio differente, per cui man mano che l’individuo cresce “disimpara” ad utilizzare questo criterio e apprende quello della società, dell’ambiente in cui vive, che non corrisponde al progetto con cui la natura lo ha dotato. Uno dei modi in cui si esplica questo tipo di conoscenza è la classica “intuizione”, sesto senso, fiuto, idea geniale etc. a cui solitamente corrispondono determinate immagini. D’altra parte è innegabile che le idee e le decisioni che hanno dato i maggiori contributi all’uomo sono sempre stati il riscontro storico dell’intuizione individuale del valore di un uomo che poi è andata a beneficio di tutti. Uno degli scopi della nostra organizzazione è l’insegnamento del metodo che permetta al giovane di dare coerenza e continuità di gestione di queste intuizioni, in modo tale da consentire sempre una scelta funzionale in ogni momento per sé e la società in cui vive. Questo insegnamento applicato ad esempio, in una situazione di lavoro consente di dare una risposta immediata di efficienza, di risparmio economico nell’individuazione della scelta ottimale. Infatti è un metodo che permette ad ogni individuo di consapere la propria situazione senza la mediazione di estranei, di modelli culturali o di macchinari-tests. L’Ontopsicologia è uno strumento, una tecnica che dà il passaggio per arrivare dove ognuno è autentico. Non dà una verità, non insegna una legge religiosa, ma certamente dà il mezzo tecnico per arrivare ad essere l’espressione della propria natura autentica. Solo se l'uomo trova quel punto in cui veramente è, capisce che è parola di un grande spirito… ed è bello scoprirlo in se stessi. E’ fondamentale per il processo decisionale, proteggere questa viva curiosità intuitiva che i bambini e i giovani hanno e impedire che questa venga abortita da un sistema educativo e istituzionale che non consente il pieno sviluppo di questo potenziale. Il compito delle istituzioni è quello di trovare il modo di tradurre questa capacità inventiva del giovane nel processo decisionale. Quello che i giovani possono dare è sicuramente un contributo notevole che però spesso non trova la giusta maniera di formalizzazione nelle istituzioni. Investire soprattutto in questo aspetto è quasi un contenere i danni e avere un potenziale con possibilità di rigiro molto più veloce perché si crea una responsabilità individuale nel giovane fin dall’inizio. L’articolo 29 (d) della Convention on the rights of the Child afferma: “States Parties agree that the education of the child shall be directed to the preparation of the child for responsible life in a free society….”. Dall’altra parte i giovani devono capire che quando si vuole dare una cosa, bisogna formalizzarla secondo la tolleranza del ricevente. Le istituzioni dovrebbero ricordare che quando si è giovani, si vive il tempo più difficile, più amaro, è il tempo della pazienza, è il tempo di imparare, non è ancora il tempo di comandare; per cui le istituzioni dovrebbero far capire al giovane che dimostra un’indole più protagonista, più tentato di leaderismo, che potrà arrivare lì soltanto se oggi ha la pazienza di imparare meglio degli altri tutte le regole. Cioè mentre molti giovani diventano "chipsistemici", cioè in sostanza fanno un apprendimento accademico sistemico dove poi restano sepolti, alcuni giovani capiscono che devono imparare questi stereotipi, questi moduli, queste note di un pentagramma, per poi suonare la loro musica irripetibile. In effetti gli stereotipi della nostra società sono buoni, c’è questo senso di universalità, questo senso civico, di democrazia, che ha i suoi contrappunti legali, razionali, economici, che contribuiscono a salvare le proporzioni delle cose tra loro. Il giovane non deve fare l’errore, dal momento che è un "fresco biologico", una punta biologica, di credere che automaticamente è anche il punto intellettuale, il punto del potere: no, è soltanto un buon piatto di biologia, ottimo per il sesso, ottimo per il lavoro senza senso, per la corsa, ottimo per l’atletica, ma ancora non maturo, non stagionato per portare avanti un’azione che fa classicità di valori, cioè che esponga qualcosa che gli altri poi riconoscono anche come valore di evoluzione. Quindi le istituzioni danno degli strumenti, che con umiltà, con pazienza, con coerenza, il deve da solo arrivare a gestire, perché se si brucia, se contrasta, è fuori gioco. I giovani possono impararlo dal loro orgoglio, dalla loro intelligenza, mentre le istituzioni, dal canto loro, possono dire loro: "Proprio per arrivare al potere che noi oggi rappresentiamo, tu devi avere questa preparazione". Non so se le istituzioni possono fare tanto, onestamente forse è più il giovane che deve capire dall’intimo di se stesso. Infine vorrei rilevare una particolare atteggiamento che preclude l’entrata del giovane nel processo decisionale in modo efficiente. E’ tipico dei giovani quando entrano in un sistema, farsi più fiscali dei detentori del fisco Assumono una forma critica direi quasi solipsistica, sono più critici degli adulti di cui loro pensano di essere diversi. Questo però è indice di stupidità, cioè di intelligenza a breve corso, per cui non mi preoccuperei di questo tipo di giovani. In questo caso sono meglio gli anziani, gli adulti. Dice un proverbio africano: “Vede più cose un vecchio seduto che cento giovani in piedi”. Anche le NGO (tra queste l'Associazione Internazionale di Ontopsicologia) dei giovani sono un contributo importante per il processo decisionale. Ma anche qui avrei un piccolo appunto. Nel parlare con questi ragazzi, alla fine dei loro bei progetti mettono come ostacolo la mancanza di fondi e il fatto che i governi e le istituzioni non li aiutano. Secondo me è un po’ un controsenso. I giovani hanno la capacità di inventarsi la possibilità di creare i fondi per la loro associazione. Hanno estro e creatività in abbondanza e posso garantire che ci sono giovani che già lo fanno. Non è una questione di mezzi, ma di mentalità e responsabilità nel trovare questi mezzi. Anche in Paesi in via di sviluppo. E’ lì che si dimostra se si ha veramente stoffa e se veramente si crede in quello che si vuole portare avanti. Aspettare l’aiuto delle istituzioni significa ritardare il progetto che si vuole portare avanti. Aspettare il riconoscimento delle istituzioni significa tradire l’elan vital che si vuole portare avanti. Le istituzioni possono contribuire e agevolare solo dopo che si è dimostrato la validità e la volontà e l’indipendenza di portare avanti un discorso di crescita ed evoluzione.

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