giovedì 25 ottobre 2012

Psicotea di Antonio Meneghetti

Molte correnti di pensiero assegnano una funzione terapeutica alla drammaturgia e ciascuna di queste correnti usa in modo diverso l’attività di drammatizzazione all’interno della pratica psicoterapeutica. Poiché tutto ciò che era drammatizzazione e teatro mi ha sempre affascinata, mi sono spesso chiesta perché e fino a che punto la drammaturgia potesse essere di aiuto nella scomparsa di sintomi e nella crescita personale. Qualche tempo fa, in Brasile, ho partecipato, in qualità di spettatrice, ad una psicotea, uno strumento di intervento – messo a punto dalla scienza ontopsicologica – che fa della rappresentazione teatrale un mezzo per migliorare se stessi e la propria vita. Davanti a me vedevo lo svilupparsi di una storia improvvisata (su un canovaccio abbozzato dal regista-conduttore) interpretata da attori altrettanto improvvisati, e mi sono resa conto che la “personalità” di uno degli attori era molto simile alla mia e, in particolare, che quell’attore sulla scena (o nella vita?) cadeva sempre nello stesso errore ripetitivo, quello stesso errore ripetitivo e mai nuovo che caratterizzava costantemente la mia vita, come se dentro di me ci fosse un regista che decideva per me cosa avrei fatto, come avrei agito e dove avrei sbagliato. In quel momento mi sono resa conto che, nella conduzione della mia vita, potevo considerarmi non un protagonista responsabile come avevo sempre creduto, bensì un attore con i fili, un burattino. Poi, successivamente, dopo la rappresentazione scenica, grazie all’analisi razionale condotta dall’esperto-regista e la soluzione da lui data, da quella prima consapevolezza è emersa la possibilità per me di scoprire me stessa e di provare a diventare protagonista della mia vita.

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